Paola Ran
"AD" Marzo 2001


"io Donna" novembre 2003


"Carnet" Aprile 2004


"Flair Living" Settembre 2004


"Elle Decor"Ottobre 2004 locali


"Elle Decor" Ottobre 2004 sphinxs


"Elle Decor" Ottobre 2004 pop


"Elle Decor" Ottobre 2004 Milano


"BOX53" Aprile 2005 Roialto


"BOX53" Aprile 2005 Milano


"Psychologies"Aprile 2005


"AD"Luglio 2005


"Elle Decor"Dicembre 2006 eventi 2


"Brava Casa" Aprile 2007


   
 
La sicura eleganza formale le viene, quasi certamente, dalla formazione nel mondo della danza, in cui musica e corpo dialogano e s’interpretano nella più levigata e leggera teatralità, ridisegnando spazi e fondendo movimento melodico con memoria e realtà, emozione ed attesa.

Paola Ran ha da tempo rivolto in modo stabile il suo interesse per l’armonia alle arti visive, come arti applicate ad esperienze d’arredo, d’allestimenti, d’interpretazione, integrazione e caratterizzazione d’ambiente, ma anche come ricerca personale, racconto di se, modulazione di una cifra espressiva capace di raccontare e di raccontarsi. Lo attesta il carattere autobiografico, autoritrattistico di molte opere. In esse, la predilezione per la sequenza come approfondimento d’emozioni, breve analisi esistenziale, di sintetica rappresentazione di un movimento intimo tradotto in leggera silhouette che attraversa larghi campi cromatici che ora si abbassano come assorbiti nella tenerezza e nella quiete riflessiva del ricordo, ora si accende di recuperata energia contemplativa.

La figura mantiene le sue ieratiche compostezze, come affermazione dell’intangibilità dell’identità profonda dalle tante vicissitudini del quotidiano, dalle esperienze attraversate. La citazione formale da un lato modiglianesca dall’altro africaneggiante (la tensione tutta lineare del segno corsivo e i colli allungati) diventa emblema di ricercata stilizzazione espressiva e di consapevolezza di sé, di capacità di guardarsi allo specchio e dentro, sostenendo l’inquietudine dello sguardo evocativo, fissando variazioni minimali che slargano i ritmi e le tessiture del tempo, fino a smarrire il senso dei margini.
Giorgio Segato
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